LA SALA DEGLI “ANTICHI ORIGINARI”

La corporazione di pescatori degli Antichi Originari affonda le sue origini nel medioevo, iniziando lo sua storia il 16 settembre del 1452, quando i pescatori di Garda, Torri e Sirmione acquistarono dai nobili Becelli di Costermano lo cosiddetta « Peschiera di S. Vigilio» con il pescosissimo Pal del Vò, una secca della catena montuosa subacquea che si allunga dalla penisola di S. Vigilio a quella di Sirmione. Perfezionata la transazione, le tre Comunità si divisero la « Peschiera » in parti uguali, a loro volta suddivise in lotti, ciascuno con il proprio nome e i propri confini, conservatisi fino ai nostri giorni; uno Statuto regolava diritti e doveri dei soci. Ancora adesso, in primavera, le zone di pesca sono messe all'asta e il ricavato è poi ripartito fra i soci maschi, di età superiore ai 18 anni ed in possesso di « loco e foco », cioè con casa e famiglia a Torri o a Garda. Nel 1764 gli Originari di Sirmione vendettero la loro parte a quelli di Torri ed ora le due Comunità superstiti, pur essendo sorte da un ceppo comune, sono di fatto l'una indipendente dall'altra, ciascuna con il suo presidente, il suo Consiglio e lo sua bandiera. Nel corso dei secoli si tentò più volte di menomare tali diritti, con Napoleone ed anche più recentemente, ma lo strenua difesa da parte degli Originari ha fatto sì che non scomparissero. La zona di pesca di gran lunga più redditizia è il già ricordato Vò, dove in giugno affluiscono i banchi di alose (le sardéne) per lo riproduzione. In questa occasione, i pescatori che si erano aggiudicati i diritti di sfruttamento per l'anno in corso, calavano i micidiali remàc', reti a catino lunghe fino a 400 m e alte 35-40, e per le quali era necessaria l'opera di otto uomini con tre barche. Tale rete, di cui nella sala è conservato forse l'unico esemplare di cotone di tutto il Garda, fu abbandonata ancora negli anni '70 per il gran numero di braccia di cui abbisognava e venne sostituita da una rete a catino più piccola - il varonàr - per la quale bastavano due uomini e ,che, seppure sporadicamente, si vede ancora all'opera nel Basso Lago. Come appare dal plastico, con questa rete il banco di pesce viene circondato e subito si salpa la corda di profondità per chiudere ogni via di scampo verso il basso: a questo punto s'imbarca la corda di superficie per restringere il catino e issare tutta lo rete in barca.
Fino agli anni '60 le alose di frega venivano pure catturate con le scarolìne, reti mantellate con i pesi costituiti da sassi: erano calate la sera e recuperate il mattino successivo. Ora invece si ricorre agli s-cialolòc', reti da posta ad unica tela.
Fuori frega, un tempo le alose erano pescate sempre con il remàt, mentre ora sono spesso preda dei ré pendénti, abbandonati alla sera al gioco delle correnti e sorretti da galleggianti e dalla cavra, impalcatura lignea con una lanterna che ne permette la localizzazione nel buio della notte.
Nella bacheca, sullo sfondo di riproduzioni fotografiche della famosa transazione con la quale gli Originari entrarono in possesso degli attuali diritti, vediamo diversi tratti di rete con maglie di diversa ampiezza, con il loro modano (il muèl e il loro ago (l'usèla), gli attrezzi di cui si servivano i retai per costruire le reti.
Infine, una magnifica sequenza di foto in bianco e nero - opera di Pietro Basso e Marcello Dellavalle - documenta in maniera esauriente la pesca sul Garda ai nostri giorni.