IL PANORAMA DAI CAMMINAMENTI

Saliti ai camminamenti, proseguiamo verso il mastio, un tempo comunicante con il resto della fortificazione tramite un ponte levatoio di legno, ora grazie ad uno fisso in muratura. Ci affacciamo verso l'interno della torre e, in basso, notiamo la botola per la quale venivano fatti precipitare i condannati a morire sulle lame della sottostante « camera della morte », ora però priva dei suoi antichi strumenti di tortura. Quindi, ritorniamo alla scala d'accesso e saliamo sul terrazzino superiore, dove possiamo godere di un incomparabile panorama. Il porto che si apre sotto di noi è di impianto romano e fece la fortuna economica di molte famiglie di Torri che si arricchirono con i commerci di legname, lana e marmi. Qui, al tempo della Serenissima stazionava una delle tre barche armate che dovevano, spesso con scarsi risultati, contrastare il contrabbando di cereali sul lago. Il palazzo che ora ospita l'Hotel Gardesana risalente alla metà del XV sec., era la sede della Gardesana dall' Acqua, una confederazione dotata di particolari autonomie dai dominanti veneti e che raggruppava tutti i comuni rivieraschi veronesi. La vicina chiesetta della SS. Trinità era la cappella di tale palazzo ed ospita tuttora, abbastanza ben conservati, dei pregevoli affreschi di scuola veronese del '300. Sotto un arco del grande porticato dell'hotel è situato un cippo funerario che ricorda un umanista nato a Torri, Domizio Calderini, morto a Roma di peste nel 1444: le iscrizioni furono dettate dal padre e dal poeta Angelo Poliziano, amico di Domizio. Le case che chiudono la piazza ad est sono antichi palazzi di famiglie borghesi del paese e tra tutte si segnala una graziosa abitazione con loggia ed affreschi medioevali. Sullo sfondo si staglia l'inconfondibile sagoma del campanile, addossato alla chiesa parrocchiale, dei primi anni dei '700. Nella chiesa, in sobrio stile barocco, possiamo ammirare tele di Felice Cignaroli, Pietro Rotari e Simone Brentano; interessante è l'organo, del maestro organaro Angelo Bonatti di Desenzano (sec. XVIII). Dal nostro punto di osservazione sono ben visibili anche due torri: una, detta di Berengario, a poca distanza dalla facciata della Parrocchiale; l'altra situata nei pressi dell'incrocio della Gardesana con la strada per Albisano: l'ultima, detta dell'Orologio, è di epoca scaligera ed un tempo ospitava i magazzini comunali e le prigioni. Queste due torri sono ciò che rimane dell'antico Trincerò, la cittadella fortificata all'interno delle mura. La strada Gardesana corre ora sul tracciato dell'antico fossato, a ridosso delle mura altomedioevali (sec. X), di cui rimangono cospicui avanzi confusi fra le abitazioni. La campagna, coltivata ad oliveto ed interrotta frequentemente da abitazioni recenti, si stende fino ad Albisano, di cui si vede, quasi un balcone sul lago, la settecentesca chiesa parrocchiale; quindi l'occhio ci porta verso S. Zeno di Montagna e il Monte Baldo. Dalla parte del lago possiamo spaziare fino a Riva; scendendo verso sud vediamo il monte Tremalzo, di fronte a Malcesine; Monte Castello con l'omonimo santuario; l'inconfondibile monte Gu, il cui profilo ci richiama quello di una donna distesa dal naso particolarmente accentuato. Dopo Salò il paesaggio si addolcisce e il Basso lago è segnato - in senso antiorario - dall'Isola del Garda e dalla Rocca di Manerba, che incombe sull'lsoletta dei conigli, e dalla penisola di Sirmione, mentre le ultime pendici del Baldo, che si spingono fino a S. Vigilio, ci nascondono la costa veronese meridionale. Prima di scendere nel cortile, facciamo una breve visita alla torre che guarda il lago. È, questa, quanto rimane della costruzione precedente l'epoca scaligera, probabilmente di età alto-medioevale, in antico, come appare da mappe, dotata di una copertura lignea. Prima di varcare il grande portone di legno che immette nelle sale del museo, la nostra attenzione è attirata da due grosse brecce che si aprono nella muratura del mastio. I responsabili di ciò furono dei soldati francesi di stanza a Torri durante la I guerra mondiale: perplessi per il fatto che tale torre non presentava vie d'accesso e fantasticando chissà quali tesori al suo interno, aprirono questi due squarci, ma trovarono solo le lame della «camera della morte ». Entrati nell'a barchéssa, saliamo le scale ed arriviamo al piano superiore, dove troviamo un grande stemma in marmo rosa di Verona, raffigurante una scala, simbolo del casato scaligero, e una doppia «A », iniziale di Antonio della Scala, il signore cui si deve la ricostruzione del maniero nel 1383.